lunedì 13 aprile 2020

"Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde" di Robert Louis Stevenson

La quarantena è cominciata da un po', ma la lista di libri da leggere non si è abbassata poi così tanto! Tra serie TV da recuperare, anime, e manga, i libri hanno avuto, ahimè, poco spazio. Anche perché gli unici libri che ho letto, quelli della saga "Blood & Roses" di Callie Hart, non erano nemmeno in lista! 🙈 Per cui, quando venerdì mi sono data alla sistemazione del balcone in previsione dell'arrivo della primavera (tanto aspettata), mi sono cimentata in una nuova avventura. Gli audiolibri.
In realtà la mia migliore amica me ne parlava da un po', ma non so... ascoltare che qualcuno legga al mio posto mi infastidisce un po'! Sta di fatto che in questo caso l'ho trovato veramente stimolante! Avevo già cominciato la lettura del libro, di sera, un po' assonnacchiata, e questo mi aveva portata a metterlo in pausa. Invece, aiutata dalla voce narrante, mi sono rimessa in carreggiata, e ho finito di ascoltare il racconto in pochissimo, o meglio, non proprio tutto. Solo la parte che trovavo un pochino noiosa! Di che libro parlo? Presto detto.

Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde
Robert Louis Stevenson



Titolo originale:
Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde 
Listino:
16,00€
Copertina: Tascabile
Editore: Bur Biblioteca Univ. Rizzoli
Collana: Classici BUR Deluxe
Pagine: 140
EAN: 9788817102384
Data di uscita: 1866, 30/04/2018
Genere: classico
Il dottor Jekyll, medico stimato e rispettabile, ultimamente ha un comportamento strano: rifugge la compagnia degli amici di sempre e frequenta un certo signor Hyde, individuo di estrema malvagità e aspetto ripugnante. Ma perché il medico fa testamento in suo favore? Chi è davvero il misterioso Hyde? Ambientata in una Londra allucinata e circospetta - in città è attivo Jack lo Squartatore - questa fantasia nera di Stevenson ha dato corpo e nome all'idea della doppia personalità. Lo sventurato Jekyll, che con le sue polveri e i suoi alambicchi cerca la possibilità di darsi al vizio senza sentire rimorso, è simbolo e vittima dell'ipocrisia sociale. Introduzione, traduzione e note di Oreste Del Buono.


Come detto sopra, ho trovato inizialmente il libro un po' noioso. A raccontare è uno stimabile avvocato di Londra, il signor Utterson. Durante una delle solite passeggiate con il cugino Enfield, questo gli racconta un episodio accaduto qualche sera prima, che lo aveva portato a conoscere un'abietta creatura. Un uomo, dalle basse fattezze, dai tratti irritanti e dai modi violenti. Codesto prendeva il nome di Hyde, un personaggio misterioso che già, il signor Utterson, aveva udito nominare da non meno che da uno dei suoi più cari amici, il signor Jekyll. Da qui, per una serie di sfortunate coincidenze, Utterson si ritrova coinvolto in questa strana vicenda, destinata alla peggiore delle sorti.
Le parti in cui è il signor Utterson a raccontare sono lente, com'è giusto che sia un certo senso. Cercano di dare al lettore una chiara visione di ogni situazione. Questo anche grazie allo stratagemma di Stevenson che con l'aiuto delle lettere da modo di conoscere la storia da ogni angolazione.
Ma è la fine la vera opera d'arte. Il momento in cui è il Dottor Jekyll a parlare, quello in cui ho riposto le cuffie, perché volevo essere io l'interlocutore di Jekyll. Non volevo che fosse un terzo a farmi da intermediario. In un certo senso trovo che sia qui che nasce il vero libro. Se anche fosse mancata la parte iniziale, non sarebbe cambiata la maestosità dell'opera, che secondo il mio modestissimo parere si racchiude in queste poche e ultime pagine.

Prima di leggere l'ultimo capitolo credevo di conoscere un altro folle dottore, che con le mire di cambiare il mondo facesse qualcosa di abietto di cui si fosse pentito subito dopo [Victor Frankenstein]. Dall'altro lato pensavo di trovare una personalità simile a quella di Dorian, voluttuosa e peccaminosa [Dorian Gray]. Entrambi i personaggi citati li ho intensamente odiati, malamente screditati per le scelte, per la stupidità, per le motivazioni. Ma non in questo caso, non  ho potuto odiare il dottor Jekyll. Al contrario, mi sono sentita vicina a questo personaggio, confuso dalla sua stessa natura. Intimorito dalla dualità della sua anima, appesantito dalla parte voluttuosa che trovava piacere nei beni materiali e carnali, e di cui si vergognava miseramente, tanto da nasconderla alle sue conoscenze, pur sapendo che in ciò che faceva non vi era nulla di sbagliato, che tutti i suoi conoscenti se ne sarebbero quasi vantati. Temeva il giudizio, forse più di sé stesso che della gente. La vergogna era tanta, che decise di sbarazzarsene.
Fu studiando il lato morale della mia stessa persona che imparai a riconoscere la profonda e primitiva dualità dell'uomo; ho visto che, delle due nature che lottavano nel campo della mia coscienza, se potevo giustamente affermare di essere l'una o l'altra era perché appartenevo radicalmente a entrambe, sin dagli inizi [...]
Era la maledizione del genere umano, il fatto che quei due elementi contrastanti fossero così legati insieme, che nel senso agonizzante della coscienza, questi due poli dovessero essere in continua lotta. Come dissociarli, allora?
Ciò che più ho trovato affascinante in Jekyll, ciò che probabilmente lo differenzia dagli altri protagonisti menzionati, è l'assoluta certezza di essere nell'errore. Jekyll sa di non essere pio, è consapevole che la sua umanità lo rende imperfetto, che lo rende capace di ogni tipo di nefandezza, e cerca nella creazione di Hyde la libertà di poter essere sé stesso: sia lo stimato professore, che l'uomo abbandonato al piacere. L'unica mancanza di Jekyll è la profonda indulgenza per la depravazione di Hyde.
In fin dei conti era Hyde, e soltanto Hyde, il colpevole di tutto. Jekyll non diventava certamente peggiore a causa dell'altro; [...]
E' questa accondiscendenza, il desiderio di esser libero dal dovere, che lo porterà a usare innumerevoli volte le pozione metamorfica, fino a condurlo alla sua funesta dipartita.
Morirà sul patibolo, Hyde? O troverà il coraggio di liberarsi all'ultimo? Lo sa Dio: io non me ne curo più; questa è l'ora della mia vera morte, quanto accadrà dopo concerne un altro individuo. A questo punto, mentre depongo la penna e suggello la mia confessione, pongo fine alla vita dell'infelice Henry Jekyll.

Una nota a sfavore del libro è l'introduzione del traduttore. Non sono assolutamente d'accordo con il commento di Oreste Del Buono, l'ho trovato fuori luogo, e irritante. Secondo il suo parere ciò che deve essere attenzionato è il comportamento impiccione del signor Utterson e non ciò che accade al dottor Jekyll e al signor Hyde, che in realtà sono vittime del moralismo dell'avvocato, e di chi come lui. Ora, magari non ho percepito ciò che ha percepito il traduttore, ma credo che la vera essenza del libro sia quella di far capire al lettore l'essenzialità dualistica dell'essere umano; la presenza, costante e indissolubile, di una parte buona e di una parte cattiva. Non contesto assolutamente il comportamento del signor Utterson. Chiunque si sarebbe interessato delle sorti di un caro amico, soprattutto conoscendo con chi si fosse invischiato e di quali atrocità fosse in grado di compiere. Si potrebbe quindi considerare impiccione, o moralista? Si mette in dubbio che Utterson non sia in grado di perdonare le diversità di un altro individuo? Di quali diversità parliamo, po? Le fattezze di Hyde infastidiscono perché essenza della malvagità stessa, come dice lo stesso Stevenson. "[...] la malvagità era ampiamente e chiaramente scritta in faccia all'altro" Non si parla, quindi, di diversità di alcun genere. Utterson, inoltre, non è di certo il creatore di nessuno scandalo come afferma Oreste del Buono. Mi chiedo quindi cosa abbia percepito, il traduttore, leggendo quest'opera; si è sentito schernito, come lui stesso afferma che Stevenson abbia tentanto di fare? Io non mi sento affatto ammonita, né schernita dall'opera di Stevenson, al massimo mi sento arricchita dalla sua penna. Temo di dover dire che un'introduzione così tremenda non l'avevo mai letta, e me ne dispiace. L'unica fortuna è che io l'abbia letta alla fine.

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